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La valigia del soldato

Artista/creatore Benvenuti Artemio (1902-1950)

Data produzione/creazione XX sec.
Ingresso nella collezione museale Post quem 1950

Luogo di origine Ozzano Taro, Collecchio, Parma, Emilia Romagna, Italia
Ubicazione attuale Fondazione Museo Ettore Guatelli, Ozzanno Taro, Italia

Materiale Lamiera sottile assemblata e saldata senza l’uso chiodi grazie al solo calore della fiamma
Dimensioni Cm: 17,5 (a) 30 (la) 50,5 (l)

Numero di inventario 120

Parole chiave Contenitore Riciclaggio Guerra

Diritto d'autore @Fondazione Museo Ettore Guatelli

Stato Esposta

Crediti fotografie Mauro Davoli

Gli esseri umani sanno essere estremamente resilienti. Le nostre azioni raccontano la nostra identità.

Di cosa tratta questo oggetto, chi ci sono dietro?

Come ci racconta Ettore Guatelli in una delle testimonianze orali da lui trascritte, questa valigia, realizzata solo con il recupero di scatole di latta, è appartenuta al soldato Benvenuto Artemio (1902- 1950 ), fatto prigioniero in Egitto a Sidi Barrani dal 1940 al 6 gennaio 1946. Ettore stesso ne parla come uno degli oggetti più belli della sua collezione proprio perchè carico di vita e di vissuto. L’oggetto valigia può raccontarci diverse storie, collegate per esempio alla dimensione del viaggio, del peregrinare. Questa condizione di vita è sata raccontata nel Museo Ettore Guatelli attraverso l’installazione dal titolo: “Cortina/Varsavia ‘39’ 49 15.000” .

A quali luoghi è legato questo oggetto, quanto è europeo/transnazionale?

“Cortina/Varsavia ‘39’ 49 15.000”. Ettore Guatelli, nei quaderni che diventeranno poi il libro “Storia di Boris”, racconta di aver conosciuto nel 1949, in un sanatorio di Cortina d’Ampezzo, il suo vicino di letto. Si chiamava Boris, ebreo polacco fuggito da Varsavia nel 1939, ospite di quel sanatorio per curare la tubercolosi ossea che lo aveva colpito all’indomani dalla sua liberazione dall’internamento nella Repubblica sovietica del Comi, nel 1941. Ettore annoterà la storia del lungo peregrinare di Boris, dei 150.000 km percorsi lungo le strade d’Europa, sino al suo ritorno a Varsavia.

Perché e come questo oggetto è arrivato nella collezione del museo?

Dalle parole di Ettore Guatelli: "Più che ad autori consacrati di cui spesso non so e a cui vengo accostato, mi credo vicino a operai e artigiani, nelle cui officine portavo anche gli scolari a incantarsi davanti alla professionalità e agli incredibili virtuosismi da autentici artisti. Il mio è un sapere che per gran parte mi viene dal sapere di queste persone “comuni”, che io amo e di cui amo le storie". [Magni C., Turci M, (a cura di), 2005, Il Museo è qui. Il Museo Ettore Guatelli di Ozzano di Taro, Milano, Skira].

Qual è il rapporto di questo oggetto con lo spreco?

Gli oggetti della collezione del museo che appartengono al mondo Design spontaneo sono oggetti unici, perché nella loro comune quotidianità nascondono la genialità dell’operato dell’uomo che riesce a vedere oltre lo scarto, oltre l’oggetto obsoleto e non più funzionale. Gli oggetti del Design spontaneo sono oggetti ripensati, manipolati e aggiustati, sono oggetti che testimoniano la creatività umana nata dalla necessità, dalla mentalità di un mondo contadino che aderiva alla logica di un’economia del riuso e del recupero. Non si gettava via nulla perché tutto poteva tornare utile, riparando gli oggetti infinite volte, assemblandone parti e trovando per essi nuove destinazioni d’uso.