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Il fiasco riverstito

Artista/creatore Sconosciuto

Data produzione/creazione XX secolo
Ingresso nella collezione museale Post quem 1950

Luogo di origine Ozzano Taro, Collecchio, Parma, Emilia Romagna, Italia
Ubicazione attuale Fondazione Museo Ettore Guatelli, Ozzanno Taro, Italia

Materiale Fiasco in vetro rivestito con stoffe di recupero cucite intorno.
Dimensioni Cm: 33 (a) 45 (diametro)

Numero di inventario 0101

Parole chiave Riutilizzo Vita rurale Prodotti tessili

Diritto d'autore @Fondazione Museo Ettore Guatelli

Stato Esposto

Crediti fotografie Mauro Davoli

Un intreccio di materiali, ognuno con la sua storia e la sua funzione specifica.

Di cosa tratta questo oggetto, chi ci sono dietro?

Un fiasco rivestito con ciò che rimaneva della stoffa di uno strofinaccio usato mille e mille volte nella cucina di chissà quale abitazione di campagna. La base tonda, ricavata da una latta di recupero, aveva lo scopo di raccogliere eventuali gocce di liquido, mentre il rivestimento a maglia era funzionale al mantenimento del vino lontano dalla luce a basse temperature. Ettore Guatelli, in uno degli scritti raccolti in “La coda della gatta”, così ci parla dei fiaschi conservati nel museo: "[…] E se non si era capaci di ricoprire con i vimini, si ricorreva ad altri mezzi: tela da sacco, stoffa, latta e persino corda fatta aderirecon l’uncinetto, ma era già una cosa di lusso. Ci sono fiaschi ricoperti di stoffa, con su un rattoppo. Oggi fan tenerezza ma così il fiasco faceva il suo servizio […]".

A quali luoghi è legato questo oggetto, quanto è europeo/transnazionale?

Il fiasco rivestito, così come tutta la serie di fiaschi visibili nella cucina del Museo, veniva portato in campagna per il ristoro nei momenti di pausa dal lavoro. Per tale ragione il rivestimento, in stoffa o in latta, aveva lo scopo di evitare che le alte temperature ed i raggi del sole alterassero la qualità del vino, oltre che evitare che il vetro della bottiglia andasse in frantumi durante il trasporto. Si tratta di una pratica sicuramente diffusa anche in altri luoghi d’Europa, per quanto l’oggetto spesso venga associato per consuetudine all’immagine della campagna italiana ed alle sue vigne.

 

Perché e come questo oggetto è arrivato nella collezione del museo?

Fu intorno agli anni ‘5° del 1900 che Ettore Guatelli cominciò sempre più assiduamente a frequentare i magazzini dei raccoglitori della zona dell’Appennino parmense, cominciando pian piano a dare forma a quello che sarebbe diventato il suo Museo. Dalla metà degli anni Settanta, la raccolta di oggetti di Ettore Guatelli cominciò a crescere considerevolmente, tanto da trovarsi involontariamente parte del movimento di riscoperta e valorizzazione della cultura popolare che in Italia ebbe grande fioritura intorno agli anni Settanta/Ottanta che vide il suo Museo divenire una delle più uniche ed irripetibili espressioni della museografia demoetnoantropologica del Novecento italiano.

Qual è il rapporto di questo oggetto con lo spreco?

La meraviglia di cui gli oggetti del Museo Guatelli sono portatori è bella proprio per il suo essere ordinaria, per la quotidianità che ogni giorno viviamo ma alla quale troppo spesso dimentichiamo di dare importanza, così offuscata dall’apparente parvenza di ovvietà di cui la carichiamo.Lo stesso Ettore Guatelli si dichiarava distante dagli illustri autori ai quali spesso veniva accostato perché, coerentemente con il suo operato, si sentiva più umanamente vicino al lavoro degli artigiani e degli operai, alla sapienza che le loro mani e i loro gesti incarnavano, ai loro “incredibili virtuosismi”, al loro essere degli artisti del mondo quotidiano, che da esso attingo e per esso creano.